sarajevo

Dalla casa di Zdenko ci attendono solo 30 Km per raggiungere Sarajevo. Pur seguendo una strada minore il traffico è incessante. Qualche spruzzo di pioggia, ma è poi il sole a vincere la quotidiana competizione. In lontananza notiamo la famosa antenna sovrastante Sarajevo. Sali, scendi, risali ancora ed arriviamo proprio allo Stadio Olimpico

della città ospitante le Olimpiadi Invernali del 1984. Raggiungere in bici una meta è sempre affascinante – credo difficile da capire per chi non l'ha mai fatto – e raggiungere Sarajevo dona qualcosa dal forte eco immaginario. Una scritta crivellata dai mitra e poi ripresa dal film di Michael Winterbottom recitava Welcome to Sarajevo, città ove avvenne l'attentato all'arciduca Francesco Ferdinando nel 1914 per mano del serbo Gavrilo Princip dando il pretesto per la Prima guerra mondiale. Città martire di ben 10500 suoi cittadini. Città simbolo dell'incapacità europea d'essere Europa. Città crogiolo di culture, forse troppo avanti per i nostri giorni da doverla incendiare. Come Beirut. Come Gerusalemme. E allora Welcome to Sarajevo by bike! in bici ci siamo anche noi.

 

8 agosto, Sarajevo

Vedere la sterminata distesa di lapidi in marmo bianco dietro il braciere della fiamma olimpica e relativo stadio del 1984. Lasciarsi condurre dai vicoli della Barscarsija (il cuore musulmano della città vecchia). Il suo fiume, la Miljacka. Minareti che spuntano ovunque. Tanti giovani. Le ferite del recente conflitto ancora evidenti. Ma Sarajevo sta faticosamente rimettendosi in piedi.
L'antica miscellanea di identità culturali ormai non esiste più. Prima del 1992 Sarajevo era la seconda città dell'ex Jugoslavia per numero di abitanti serbi. Seconda solo a Belgrado. Ora il 95% degli abitanti è riferibile all'Islam, anche se con occhi azzurri e capelli biondi. Alcune immagini che passarono sui media tornano alla mente, sopratutto il famoso Holiday Inn, l'hotel della stampa internazionale. Sul ponte ove un cecchino spense la vita a un pacifista italiano, Moreno Locatelli. Visitiamo il Museo della Storia di Sarajevo in cui appaiono un buon numero di immagini del recente conflitto, documenti originali di Iztanbegovic, ma a noi colpisce la resistenza della popolazione saraievese. Tre anni si assedio, uno tra i più lunghi della Storia Moderna. Solo Leningrado ha fatto peggio.
Tentiamo di visitare il Tunnel costruito presso una casa privata a Butmir capace di passare sotto la pista di decollo dell'aeroporto. Questo tunnel fu l'unico collegamento di tutta Sarajevo verso l'esterno. Purtroppo è chiuso e rientriamo. Conosciamo cinque turisti in bici provenienti dalla Repubblica Ceca da noi visitata – sempre in bici – l'anno passato. Oggi scopriamo anche una Rosa di Sarajevo. Dipinte di vernice rossa sono luoghi ove cadde una granata seminando morte.
Tutto ciò fa impressione. Ha dell'incredibile! Molti edifici sono palesemente segnati, altri – grazie al cielo pochi – completamente in macerie. Ma i segni delle mitragliatrici o delle granate si vedono sparsi ovunque. E con loro il nostro sempre più smarrito quesito. Perché?

 

Potremmo parlare della Sarajevo da turisti. Esiste ed è bella, attraente e giovane. Piccola forse, ma intrigante. Ma nello stesso momento in cui potrei citare luoghi di interesse turistico, mi viene alla mente la sede della Biblioteca Nazionale sventrata dai serbi nel tentativo premeditato di cancellare la storia di questa citta'. La città di Goran Bregovic ed Emir Kusturica. Fate voi!