erzegovina

Stazione treni di Sarajevo ore 6:55 in attesa del convoglio per Jablanica da dove inizieremo la discesa della Neretva il fiume sul quale sorge il famoso ponte della città di Mostar. L'attesa perdura, passano i minuti. Ritardo di oltre 120 minuti. Oltre due ore e infine arrivò! Carichiamo bici e bagagli con altri ciclo-viaggiatori polacchi. In treno conosciamo Zahid un bosniaco che a fatica parla italiano. Ci racconta dei giorni dell'assedio di Sarajevo e dei cecchini che lo colpirono ad entrambe le gambe. Nelle dinamiche dei signori della guerra ferire un nemico, con danni permanenti, è “meglio” che ucciderlo poiché ne comporta l'assistenza fisica e morale quotidiana.

Incontrarlo ora sul treno in viaggio per una vacanza ci commuove. Normalmente abituati a turisti col denaro fumante dai dollari ai marchi in tasca, e ora euro (chissà poi perché fumante...), Zahid con la sua storia regala un altro importante tassello a questo viaggio in terra di Bosnia.
Ora con Zahid e le sue ferie entreremo in Erzegovina. Qualche peripezia: scendi dal treno e sali sull'autobus ove faticano a trovare posto le nostre biciclette. A Jablanica ricominciamo a pedalare su strade molto pericolose decisamente sconsigliabili alle biciclette. Questa strada è parallela alla Neretva il fiume dell'Erzegovina.
La sua spettacolarità è entusiasmante nonostante cozzi contro la pericolosità intrinseca dovuta all'alta velocità dei motori. Non a caso sul ciglio della strada giace uno splendido esemplare di volpe recentemente abbattuta da un veicolo – anche queste vittime, assieme agli innumerevoli pennuti, ricci, ecc. sono da ascrivere al feticcio della velocità motorizzata.

rom neretva

La Neretva! Un fiume col suo straordinario scenario e dal colore mai visto. Un'acqua limpidissima che sfocerà poi nell'Adriatico. La giornata è assolata, il ciclocomputer mi segnalerà strada facendo 41°C. Non resistiamo alla tentazione e cerchiamo una discesa al fiume. Scendiamo impegnando una sterrato fino a riva. Acqua formidabile e incontro altrettanto formidabile. Due, tre mamme zingare (Rom) coi loro figli ci vedono arrivare al fiume con le nostre bici. La percezione immediata lascerebbe pensare ad una distanza. Laura, invece, subito si avvicina ad un “baba” che avrà un anno e subito le distanze di dimezzano. Con la mia videocamera riprendo uno dei ragazzini mostrandogliela e le prevedibili distanze si annullano.
Ci caliamo nella Neretva. Loro si tuffano noi no, gelati dall'acqua e spaventati dal possibile shock termico. Sono Rom provenienti dal Kosovo. Dopo ripetuti bagni con riprese video ci sediamo tutti insieme all'ombra mettendoci a scherzare ripetendo alcune parole nella loro lingua. Pensiamo fossero parolacce visto le risate nascere spontaneamente ogni qualvolta le ripetevamo in modo “corretto”. Tra uno scherzo e l'altro, tra un allattamento e una risata ci invitano a prendere un “cafa” da loro. Ma ci accorgiamo che dei 10 minuti previsti per un rapido bagno sono passate due ore da quando siamo qui. Ci chiedono ripetutamente di stare lì con loro ma noi risaliamo la stradina sterrata con un caldo fetente e giù destinazione il ponte di Mostar con la sua città vecchia, Stari Grad nella loro lingua. Mostar col suo vecchio ponte del 1580.

C'è voluta tutta ma proprio tutta l'umana idiozia affinché qualche importante stratega croato – con presunzione da intelligentone – desse l'ordine ad un sottoposto – altra aquila... - di premere il pulsante del mortaio capace di cancellare in pochi istanti un'opera durata oltre 400 anni. E qui ci sia consentita la nostra piena e totale adesione allo spirito dei disertori. Di questi ultimi crediamo debbano comparire monumenti in ogni città, i quali sarebbero certamente meno tetri di quegli altri che ne ricordano “valorosamente” le “eroiche” gesta militari. Un brano di Boris Vian, interpretato da Ivano Fossati, Il Disertore, ne anticipa le motivazioni. Tanto più che oggi, rispetto a ieri, il “professionismo” militare scarica totalmente la propria “abilità” sulle incolpevoli popolazioni civili.

Elfin Tanovic

Raggiungiamo il ponte in un intricato dedalo di viuzze tipico della cultura “mueslim”. L'impetuosa acqua della Neretva colpisce davvero. Noi non avevamo mai visto un fiume di questo colore, mai! E il ponte fa bella mostra di sé, ovvero il ponte ricostruito con gli stessi materiali. E vien da dubitare che l'abbiano rimesso su per il potenziale turistico capace di attrarre e relativa ripercussione economica. Tantissimi turisti e tantissime bancarelle capaci di vendere di tutto, magari anche la foto autografa dell'intelligentone e del sottoposto di cui sopra.
In sintesi scappiamo allungando la strada di 12 Km per raggiungere Blagaj una minuscola località consigliata da Edin (ecoturismo Scorpio). Qui conosciamo un cicloturista di Berlino in giro da quasi due mesi con all'attivo ben 2800Km. La sera cerchiamo un ristorante domandando davanti all'hotel Ada indicazioni. Ci viene detto: “ma dentro l'hotel c'è il ristorante!”. Ma noi vorremo un ristorante locale vero, sottintendendo una certa falsità di quello appresso l'hotel. Dopo un evidente imbarazzo ci accorgiamo che una delle persone cui domandavamo è il titolare dell'Hotel Ada. Vabbe' scendiamo al suo ristorante scambiando alcune parole. Si chiama Elfin Tanovic, al ché gli riferisco della sua omonimia con un famoso Tanovic vincitore con No Man's Land del premio Oscar quale miglior film straniero. E lui a dirmi che Denis Tanovic – il regista – è un componente della sua famiglia! Mi inginocchio davanti a Mrs Elfin offrendogli una birra nel suo locale. La cena effettivamente non era molto etno ma comunque ottima e poi gustata da un parente di Denis Tanovic, incredibile!

Blagaj e il fiume Buna: vedere la sorgente di un fiume da una grotta ai piedi di una parete strapiombante alta 200 metri alla cui base venne edificato un monastero dervisho nel 1600 be', in due parole senza le mille emozioni che ciò può creare, questa è la sorgente del gelido (solo 8°C) fiume Buna.
E poco prima del monastero abbiamo anche l'occasione di visitare una antica casa ottomana grazie ad un interprete per caso, Alen un ragazzo di Mostar che ora vive e lavora in Germania, parla italiano e che, guarda caso, dopo quasi due anni in cui fu costretto a fare il soldato scappò verso l'Europa.

 

Durante questo diario abbiamo narrato dell'incapacità della Comunità europea di essere Europa, ma l'Europa è ancora capace di fornire accoglienza. Almeno fino ad ora visto che anche da noi, e particolarmente in Italia, spinte separatiste e ignobili politiche pronte a criminalizzare il diverso (ovviamente squattrinato, altrimenti...) sono merce politica altamente esplosiva usata con colpevole disinvoltura. Merce che, con le dovute differenze storiche, incendiò uno straordinario articolato crogiolo di culture e contaminazioni che fu la polveriera balcanica. Tutti i Ratko Mladic in circolazione permettendo.

 

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