croazia

Destinazione Sarajevo, Sanica 1 agosto 2010

Grazie alla disponibilità di Goran possiamo aggiornare in real-time il nostro sito dalla città di Sanica in Bosnia Erzegovina

Da Brescia in treno a Trieste. Questa era ed è l'unica certezza di viaggio. Subito inizia qualche problema: alla stazione autolinee una cassiera non da' speranza: «Di sabato a fine luglio da Trieste per la Croazia è impossibile caricare le biciclette sul bus. Punto e basta!»
E ora?

Dopo 10 minuti di smarrimento domandiamo alla collega, risposta: «Certo che è possibile, basta avvertire l'autista e pagargli il ticket per le bici.»
Con quest'inizio del nostro viaggio, di fronte a due impiegate della stessa azienda di trasporti, solleviamo involontariamente il velo ad un vezzo tipicamente italiano. Dateci anche un minuscolo potere e lo useremo come ci pare. Infine contrattiamo con l'autista croato, carichiamo le bici sul bus, torniamo dalla cassiera per i biglietti (ahimè la negazionista ha già terminato il suo turno, negandoci una seppur modesta rappresaglia, del tipo: “Partiamo, tié!!!”), paghiamo e saliamo sul bus, semplice, o no?
Da Senj sulla costa adriatica ha finalmente inizio l'avvicinamento in bici alla Bosnia. Subito un passo a 800 mt e vento costantemente contro. Qualche incazzatura per i costi – decisamente altucci qui in Croazia – una desolante e quanto mai toccante emozione dall'evidente passaggio della guerra degli anni '90 e poco prima di raggiungere il famosissimo sito di Plitvice con le sue cascate e laghi – e con la milionaria macchina turistica che lo sostiene, impegniamo una via del tutto inaspettatamente isolata e qui, con la forza di un ceffone ci si presenta una casa con un mulino ad acqua perfettamente funzionante intento a “mulinare” il grano. Un luogo tanto semplice quanto superbo. É lo Stipanov Mlin da sempre vissuto da un uomo, Dushen. Subito gli chiediamo ospitalità. Noi abbiamo la nostra tendina e lui può offrirci qualche metro quadro del suo prato. E così, dialogando in italiano con quest'uomo ultraottantenne scopriamo di lui, del suo mulino, dell'acqua che qui sgorga come elemento sacro, del padre e del fratello morti in guerra a Bergamo, di quest'angolo di paradiso che Dushen vive da sempre in perfetta simbiosi e dove il nostro delicato passaggio in bicicletta ha dato – forse esageriamo ma a noi piace pensarlo così – un ulteriore elemento di viva poesia. Dushen, al mattino presto ci offrirà un po' del suo caffé turco. Noi lo salutiamo caldamente con un grande abbraccio, e commossi da quest'uomo straordinario. Ciao Dushen!

sarajevo


Pedala pedala, arriviamo on the border con la Bosnia. Sbrighiamo le formalità ed è Bosnia, finalmente! Evidente cambiamento: tutti a salutarci e un inconfondibile Muezzin in lontananza con Laura che si staglia all'orizzonte ai piedi di un esile minareto. Prima “pekara” - forneria – che svaligiamo e già siamo ospiti dagli stessi artigiani della pekara nel loro giardino di casa. Rifocillati puntiamo su Bihac che raggiungiamo sistemandoci in un kamping tutto per noi: siamo gli unici ospiti. Ancora col ricordo del mulino di Dushan andiamo a cena in un ristorante che fu un mulino. Ovvie differenze mitigate da una pantagruelica abbuffata di carni di ogni tipo fatto salva – evidentemente – per quella di maiale.

Martin Brod
La giornata è grigia e Martin Brod la nostra meta è lontana 70Km (cioè tanti!). Saliamo in senso contrario allo scorrere del fiume Una che spesso perdiamo completamente dallo sguardo. Montagne, verde intenso, la tomba di un militare canadese qui seppellito. Ancora modesti ma presenti segni del recente conflitto balcanico. Sempre più su verso Martin Brod. Una fontana posta al di sotto di un isolato cimitero islamico si presta per una sosta.
Poi Aisha che ci urla qualcosa: e siamo ospiti per un caffè improvvisato nel giardino di una robusta e nervosa signora che bada al marito, ai figli e a due nipotini tedeschi. Scopriamo che dovremo affrontare il makadam –  altro non è se non strada sterrata – che puntualmente affrontiamo per 8Km capaci però di dissolvere il grigiore delle nubi per regalarci, col faticoso arrivo in salita, un sole raggiante per un vero cambio di rapporto. Martin Brod sul fiume Una è una piccola splendida propagine bosniaca sul confine verso la Croazia. Trovata la sistemazione notturna nella “sobe” di Milorad Cvrkalj – un ex professore serbo-croato di fisica e matematica delle medie costretto alla fuga da Spalato – ci spostiamo presso una trattoria che cucina le forellen, ovvero trote, che qui sono direttamente prelevate dalla vasca con acqua corrente del fiume Una. Vi garantiamo l'eccellente qualità a prezzi ridicoli per noi italiani. Martin Brod è un villaggio di per sé davvero particolare. Prima dell'avvento di un po' di turismo era completamente dedito allo sfruttamento della principale risorsa qui esistente, l'acqua. Come elemento economico – sfruttamento dell'imbottigliamento a parte – l'acqua venne qui usata a movimentare centinaia di piccoli mulini per macinare la pietra. Martin Brod sorge infatti su decine e decine di ramificazioni del fiume Una capaci di generare modesti torrenti come una ragnatela di scrosci d'acqua in tutto il villaggio. E' la linfa vitale che scorre nell'organismo di questo villaggio. E l'acqua di questo fiume è un vero miracolo di bellezza come avremo modo di vedere il giorno seguente scendendo da Martin Brod per raggiungere l'inizio di un tratto di makadam di circa 12 Km quasi tutti paralleli al fiume Una. Destinazione Strbacki Buk. Se mai avete visto un fiume di purissima acqua verde smeraldo arrivare ad un salto di 20 metri e formare un anfiteatro di cascate all'interno di un'area praticamente isolata senza sfruttamento turistico, e immersa in una violenta vegetazione, Strbacki Buk è uno strepitoso privilegio che si concede a pochi (vedi foto).

StrbackiBuk
le straordinarie cascate di Strbacki Buk

 


Bosansky Petrovac
Altro salto di vallata e dal fiume Una passiamo agli 800 mt su un interminabile altopiano. Scendere a Drvar (la città di Tito) o seguire verso nord? Scegliamo la seconda e iniziamo a risalire fino ai 1040 mt del passo Ostrelj) dove è custodito il famoso convoglio di Tito, la Proleterka, con cui raggiunse e tenne unita la ex Iugoslavia. Discesona a Bosansky Petrovac. Notiamo una casa con una decina di persone a salutarci. Ci fermiamo e chiediamo loro se sanno indicarci un camping o zimmer per una notte(?). Notiamo anche il bellissimo prato di questa casa e chiediamo loro se sia possibile piantare la nostra tendina. Subito si scatena la rincorsa alla possibile sistemazione fino a che ci portano presso una casina di campagna distante 200mt. Qui in perfetta armonia con la campagna circostante e un mirabile soffiare di vento stabiliamo la nostra casa per la notte. Diamo 10 euro per il disturbo. Notte meravigliosamente dormiente se non fosse che qui a Bosansky Petrovac staremo per ben tre notti, causa un inclemente peggioramento del meteo. Pioggia battente per un giorno intero, freddo, umidità altissima. Dal camping improvvisato ci spostiamo di soli 150 mt accasandoci nell'ottima casa di madame Basic, austriaca di Vienna, che per 20 euro a notte (10 a testa!) ci mette a disposizione una stanza pulitissima con bagno e doccia bollente che riesce a resuscitarci (Zimmer Vienna madame Basic tel. 881798 – mob. 06784837), merita davvero. Ma il clima è e rimarrà un vero disastro. Facciamo la conoscenza della trattoria King ove quotidianamente si sfornano almeno un paio di capretti arrosto. E la terza sera ceniamo alla pizzeria Oda non potendone più di carne alla brace.